Verso un vertice internazionale ed europeo sull’ immigrazione: quali prospettive?

1.         Il vertice internazionale che si terrà a La Valletta l’11–12 novembre 2015 per discutere dei profili più urgenti e problematici relativi alla tematica dell’immigrazione rappresenta l’occasione per formulare alcuni rilievi e proposte in argomento. L’appuntamento vedrà la partecipazione, oltre che degli Stati membri dell’UE, di organizzazioni internazionali e regionali, quali le Nazioni Unite, l’Organizzazione internazionale delle migrazioni, l’Unione africana, nonché di rappresentanti di vari Stati africani e di altri Paesi particolarmente interessati dal fenomeno migratorio, quali sono, in particolare, i Paesi partecipanti ai processi di cooperazione denominati “processo di Rabat” e “processo di Karthoum”, di cui si dirà oltre.

La decisione di convocare un vertice internazionale è stata presa all’ esito del Consiglio europeo del 23 aprile 2015, riunito in via straordinaria in seguito ai tragici eventi verificatisi nel Mediterraneo alcuni giorni prima. La Dichiarazione adottata dal Consiglio propone, nel più ampio contesto della necessità di prevenire i flussi migratori illegali di “rafforzare la cooperazione politica con i partner africani a tutti i livelli per affrontare la causa della migrazione illegale e contrastare il traffico e la tratta di esseri umani”, dedicando appunto un vertice ad hoc a Malta.

Il vertice sull’immigrazione di La Valletta si presenta, quindi, come un incontro allargato ad attori e partner extraeuropei nell’ ottica di riunire i principali Paesi di origine, transito e destinazione dei flussi migratori con lo scopo di invitare al dialogo e alla collaborazione. La volontà è, pertanto, da un lato, di elaborare risposte condivise che vadano alla radice del problema e che si pongano quali programmi d’azione incisivi nel lungo termine; dall’altro lato, di ricercare soluzioni più immediate da offrire alla recente evoluzione del fenomeno migratorio. Si vogliono, insomma, studiare soluzioni comuni per affrontare sfide che sono di interesse reciproco: per la UE e per lo sviluppo dei Paesi africani.

2.         In questa prospettiva di ampliamento (rispetto al contesto europeo) dell’analisi del problema, l’Unione europea vede dunque nella cooperazione regionale e nel coinvolgimento, diretto ed attivo, dei Paesi africani un elemento centrale nello sviluppo delle iniziative da intraprendere per una migliore gestione della questione migratoria.

 Il vertice si pone, invero, nel quadro di altra recente iniziativa, di carattere europeo-internazionale: la Conferenza sulla rotta Mediterraneo-Balcani occidentali tenutasi l’8 ottobre 2015, che è espressione della stessa necessità di apertura al dialogo e di ricerca di soluzioni comuni,  caratterizzanti il vertice di La Valletta. Gli attori della Conferenza, oltre ai Paesi UE (e dello Spazio economico europeo), sono stati  vari organismi internazionali (Alto Commissariato per i rifugiati, Organizzazione internazionale per le migrazioni), organismi europei (Frontex, EASO), vari Paesi dai quali provengono i migranti (fra questi, Libano, Giordania, Turchia) attraversando i Balcani occidentali (cioè i Paesi candidati e potenziali candidati all’adesione): Paesi di transito, dunque, verso l’Europa.

3.         La pressione migratoria è problema comune agli Stati europei, non  può essere ritenuta ristretta nei limiti di valutazione di quei Paesi di frontiera, Italia e Grecia in primis,che hanno affrontato l’afflusso di migranti e di richiedenti asilo provenienti dall’Africa e dall’Asia . Eritrea, Afghanistan, Iraq, Siria sono, secondo i dati Frontex, i principali Paesi di origine dei richiedenti asilo nel 2015.

4.         La presa di coscienza di questo problema, che è globale ed internazionale, non soltanto europeo (né, a maggior ragione, soltanto nazionale ovvero comune a pochi Stati) è avvenuta con colpevole ritardo da parte della Commissione, pur appartenendo al programma politico del presidente della Commissione Juncker, ove la gestione della migrazione era indicata come una delle priorità. Il programma, del 15 luglio 2014, ha dovuto attendere molti mesi perché si concretizzasse in un documento formale denominato “Agenda europea sulla migrazione” (del 13 maggio 2015, COM[2015]240), che fa seguito alla ricordata dichiarazione del Consiglio europeo straordinario e a una risoluzione, di pochi giorni successiva, 29 maggio 2015, del Parlamento europeo (“sulle recenti tragedie nel Mediterraneo e sulle politiche della UE in materia di immigrazione e asilo”).

5.         L’Agenda, seppur con notevole ritardo, dunque, rispetto alle necessità del fenomeno, individua azioni immediate e azioni per gestire a medio e lungo termine. Fra le prime si ricordano a) il potenziamento delle capacità e dei mezzi (aumento di risorse economiche) delle operazioni congiunte di Frontex, Triton e Poseidon; b)il supporto a un’operazione di politica e sicurezza comune (PSDC) nel Mediterraneo, al fine di smantellare le reti di trafficanti (il Consiglio affari esteri del 18 maggio 2015, 2015/778, ha adottato in proposito una “decisione relativa a un’operazione militare dell’Unione europea nel Mediterraneo centromeridionale ([EUNAVFOR/MED])”; c) una proposta, poi concretizzatasi in due decisioni del Consiglio, che attivando per la prima volta il sistema di emergenza previsto dall’art. 78, par. 3 TFUE (e richiamando l’art. 80 TFUE, sul principio di responsabilità e equa ripartizione della responsabilità fra Stati membri) prevede misure temporanee nel settore della protezione internazionale, in deroga al regolamento Dublino III (604/2013), ricollocando prima 40.000 (decisione 2015/1523 del Consiglio del 14 settembre 2015), poi 120.000 (decisione 2015/1601 del Consiglio del 22 settembre 2015) persone con evidente bisogno di protezione internazionale, ricollocandole da Italia e Grecia in altri Paesi dell’Unione; d) una proposta legislativa che prevede un sistema permanente, obbligatorio, di attivazione automatico, che distribuisce all’interno della UE in caso di afflusso massiccio di (potenziali) richiedenti asilo, le persone bisognose di protezione internazionale (proposta di regolamento, di cui si dirà poco oltre) ; e) un programma europeo di reinsediamento, della durata di due anni, riguardante 20.000 persone provenienti da Paesi terzi ( la Commissione ha adottato, l’8 giugno 2015, una raccomandazione 2015/914 avente tale oggetto); f) stanziamenti per i programmi di sviluppo e protezione regionale, collaborando in particolare con i Paesi dell’Africa settentrionale e del Corno d’Africa, avviando iniziative (missioni di politica di sicurezza e difesa comune sono già in corso in Niger e Mali) da approfondire e rafforzare in occasione, appunto, del vertice di Malta; g)istituzione di un nuovo metodo basato sui “punti di crisi” (hotspot) attraverso la collaborazione con l’EASO, Frontex ed Europol, al fine di condurre con rapidità le operazioni di identificazione, registrazione e rilevamento delle impronte digitali.

6.         La gestione della migrazione a medio e lungo termine si fonda su quattro pilastri, che qui si ricordano per meglio inquadrare i problemi che saranno discussi a La Valletta.

  a)         Ridurre gli incentivi alla migrazione irregolare, anche attraverso il “Piano d’azione dell’UE contro il traffico dei migranti (2015-2020)”, di cui alla comunicazione della Commissione del 27 maggio 2015, COM (2015) 28

  b)         Gestire le frontiere salvando vite umane e rendendo sicure le frontiere esterne, anche attraverso norme sulle c.d. frontiere intelligenti (un più efficiente sistema di registrazione di ingressi e uscite dei cittadini di Paesi terzi).

 c)         Adottare una politica comune europea di asilo più forte e incisiva, perfezionando il sistema europeo comune di asilo (CEAS) adottando, fra l’altro, linee guida contro gli abusi; rendendo operativi i “punti di crisi”  con personale dell’EASO, Frontex, Europol al fine dell’identificazione, registrazione, rilevamento delle impronte digitali dei migranti; prendendo in esame e proponendo la revisione del regolamento Dublino III . La Commissione ha presentato una proposta di regolamento che istituisce un meccanismo di ricollocazione di crisi e modifica il predetto regolamento, introducendo una deroga al criterio della competenza dello Stato di primo arrivo e distribuendo, in modo equo e proporzionato, i richiedenti asilo fra gli Stati membri, COM(2015) 450 del 9 settembre 2015.

 d)         Adottare una nuova politica di migrazione legale, rivedendo la direttiva sull’ingresso e soggiorno dei lavoratori altamente qualificati (c.d. carta blu), rendendo più incisivo il collegamento fra politica di immigrazione e politiche di sviluppo (tema, questo, che riguarda in particolare il partenariato con i Paesi terzi, le relazioni con i Paesi africani, oggetto di approfondimento al vertice di La Valletta).

7.         Le recenti conclusioni del Consiglio europeo del 15 ottobre 2015 richiamano gli orientamenti concordati in occasione della riunione informale dei capi di Stato o di governo del 23 settembre 2015, dando atto dei progressi compiuti e delle iniziative da compiere, stabilendo altri orientamenti. Essi riguardano, soprattutto, a) la cooperazione con i Paesi terzi, la Turchia in particolare (sottolineando la necessità di rilanciare il processo di adesione) per contrastare i flussi; b) la protezione, che deve essere rafforzata, delle frontiere esterne sulla base dell’acquis di  Schengen ; c) affrontare con decisione l’afflusso dei rifugiati, creando punti di crisi, assicurando  la ricollocazione, i rimpatri, il reinserimento.

Pur nella genericità di queste conclusioni, è necessario perseguire l’obiettivo della cooperazione con i Paesi terzi, perché è in questo contesto che si colloca l’attenzione per il seguito da dare ai risultati della Conferenza di alto livello sulla rotta del Mediterraneo orientale e dei Balcani occidentali e per gli impegni da assumere al vertice di La Valletta. In questo più vasto contesto internazionale il ruolo dell’UE è di fornire un sostegno decisivo ai Paesi di transito dei flussi, interagendo con detti Paesi e rafforzando la cooperazione nel quadro  sia di una gestione ordinata delle frontiere,  sia della lotta alle reti criminali, sia di un miglioramento della capacità di accoglienza e di trattamento delle domande di protezione internazionale.

8.         Il vertice di La Valletta ha vari obiettivi.

Secondo le conclusioni del Consiglio europeo del 25-26 giugno 2015, si vuole a) garantire assistenza ai Paesi partners nella lotta ai trafficanti (lotta comune, peraltro, alle finalità della Conferenza di alto livello prima ricordata); b) rafforzare la cooperazione per quanto riguarda una efficace politica di rimpatrio; c) migliorare la cooperazione allo sviluppo e il potenziamento degli investimenti in Africa, perché siano esaminate le “cause profonde” (in questi termini le conclusioni, punto 7c) della migrazione e siano fornite opportunità economiche e sociali. Il traffico e la tratta di esseri umani, la previsione di efficaci sanzioni penali dovrebbero essere al centro del dibattito.

Il vertice vede coinvolti i Paesi del processo di Khartoum (cioè del Corno d’Africa e dell’Africa mediterranea) e del processo di Rabat (cioè dell’Africa settentrionale, occidentale e centrale). In una conferenza tenutasi a Roma il 28 novembre 2014, promossa dalla Presidenza italiana del Consiglio UE, veniva avviato il processo di Karthoum dedicato ai temi della migrazione, asilo, protezione internazionale e sviluppo. Gli Stati hanno assunto, in una dichiarazione ad hoc, una serie di impegni che, pur non creando diritti ed obblighi di diritto internazionale, e quindi non incidendo sulla sovranità nazionale degli Stati, ha un importante valore politico. Sono indicate priorità legate allo sviluppo, alla cooperazione economica, ai vantaggi di una migrazione regolare.

Parimenti il processo di Rabat si propone la realizzazione di un dialogo politico euro-africano sulla migrazione e sullo sviluppo, coordinando, attraverso uno specifico comitato (“Comité de pilotage”) di cui fa parte anche il nostro Paese, le iniziative e gli organismi nazionali. Il dialogo coinvolge ventisette Paesi africani (più l’Algeria, osservatore) e trentuno Paesi europei, nonché la Comunità economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest (CEDEAO) e la Commissione europea. La quarta Conferenza di tale processo, tenutasi a Roma il 27 novembre 2014 sotto la Presidenza italiana del Consiglio UE, ha adottato una dichiarazione politica cui è allegato un programma che definisce il quadro operativo del processo per il 2015-2017. Le due dichiarazioni dei ricordati processi assumono un significato rilevante (a un anno di distanza da quando sono state adottate), per i lavori del vertice di La Valletta.

9.        L’Unione europea, in questo ampio quadro internazionale, è chiamata a svolgere un ruolo di primo piano, anche attraverso l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza (considerati gli obiettivi della PESC ex art. 21 TUE e le funzioni dell’Alto rappresentante ex art. 27, quale in particolare condurre “a nome dell’Unione, il dialogo politico con i terzi ed esprime la posizione dell’Unione nelle organizzazioni internazionali e in seno alle conferenze internazionali”). Gli orientamenti espressi nelle conclusioni dei Consigli europei, prima ricordate, nonché nel programma oggetto dell’Agenda della Commissione, sono coerenti con le finalità che i temi delle migrazioni e dell’asilo pongono a quel livello internazionale di cui è (e sarà) espressione il vertice.

L’impegno europeo non è sufficiente: la Conferenza ad alto livello, prima, e il vertice di La Valletta, poi, dimostrano la necessità di un quadro decisionale internazionale. Se ne è reso conto il Parlamento europeo che in una risoluzione del 10 settembre 2015 “sulle migrazioni e i rifugiati in Europa” ha chiesto alla Commissione e all’Alto rappresentante per la politica estera di convocare una conferenza internazionale sulla crisi dei rifugiati, con la partecipazione di agenzie, organismi internazionali, ONG, Paesi arabi, Stati Uniti, perché sia posta allo studio e sia adottata una strategia di aiuto umanitario e globale.

10.       Il ruolo del nostro Paese al vertice di La Valletta dovrebbe essere quello di un vero e proprio protagonista nel processo di dialogo e cooperazione con i Paesi del Nordafrica, considerato il ruolo svolto e in corso di svolgimento nel processo di Khartoum e in quello di Rabat.

La migrazione potrebbe divenire una risorsa, con vantaggio per i rapporti commerciali fra Italia e Paesi africani. Ai progetti di investimento da parte italiana possono associarsi progetti che riguardano la migrazione, in un contesto più ampio di cooperazione. Se all’Unione europea mancano i mezzi e, soprattutto, il consenso politico per assumere iniziative, anche di intervento economico presso i Paesi terzi da cui provengono migranti e richiedenti asilo, non debbono, per tale motivo, essere “compresse” le iniziative e i programmi  di sviluppo dei singoli Stati.

L’incapacità dell’Unione europea di adottare una politica efficace in materia di immigrazione e asilo, d’altra parte, specie se la pressione migratoria riguarda alcuni Stati soltanto ai quali si chiedono sacrifici non compensati o riequilibrati con misure adeguate, deve lasciare aperto un margine di iniziativa e manovra nazionale.

Iniziativa e manovra che rappresenterebbero comunque un contributo positivo nello stesso contesto UE, considerata l’entità e la dimensione del fenomeno ove il principio di solidarietà ed equa ripartizione delle responsabilità, anche sul piano finanziario, di cui all’art. 80 TFUE, appare ancor oggi teorico. Né teorico, o semplicemente proclamato, può essere il rispetto dei diritti fondamentali della persona, specie di quei soggetti vulnerabili quali il migrante e il richiedente asilo.

L’impegno è su più livelli, e se quello internazionale e quello europeo non sono sufficienti, l’impegno e  il livello nazionale, se si intendono veramente proteggere e garantire i diritti della persona possono (o meglio, debbono) supplirvi.

 

 

 

 


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